
How to Save a Dead Friend
Svezia, Norvegia, Francia, Germania, 2022, 103′
Quando a 16 anni incontra Kimi, Marusya è convinta che la sua vita sia già al capolinea: le angosce esistenziali e le pulsioni autodistruttive, segnate sugli avambracci, trovano uno specchio scuro nel ragazzo di cui sarà al fianco fino all’ultimo. A salvare entrambi non basteranno l’amore, la musica, l’alcol, la droga e nemmeno il cinema, che nelle mani della regista diventa strumento di sopravvivenza e testimonianza, prima per gioco, poi per necessità.
Composto da materiali girati nell’arco di dodici anni e montati a perdifiato, il film è una vertigine sull’orlo di un baratro dal quale non è facile uscire indenni: molti dei compagni di strada della autrice-protagonista non ce la faranno – chi muore suicida, chi di overdose, chi perde la vita in un incidente – a testimoniare lo stillicidio di un’intera generazione che ha vissuto lo spaesamento di un’epoca di radicale trasformazione e impossibile riadattamento. How to Save a Dead Friend, sconvolgente opera prima, è uno dei film più intimamente personali dell’anno ma anche uno dei più lucidi e dolenti nel raccontare la temperie di un intero paese attraverso i malesseri, i conflitti e le tensioni di una gioventù perduta.