Rewind & Play
Francia, Germania, 2022, 65′
Dicembre 1969. Thelonious Monk, alle prese con un tour europeo, è a Parigi per partecipare allo show televisivo Portrait de jazz. Il jazzista è a disagio. Suda, parla a stento, non capisce perché debba assecondare una scaletta e rispondere ciò che qualcun altro vuol sentirsi dire. Poi si siede al piano e la magia accade: le dita scorrono sulla tastiera, disegnando il mondo in cui vuole vivere, in cui può esprimersi liberamente.
Alain Gomis, al suo primo documentario, compie un lavoro straordinario utilizzando materiale d’archivio: mescola i piani temporali, taglia e cuce alla maniera di Monk che abbandona una frase per divagare e riprenderla quando nessuno se lo aspetta, rendendo tangibile la lontananza, fisica e spirituale, tra il musicista e l’angusto contenitore invisibile in cui cerca di costringerlo il presentatore della TV francese. Un’intervista “impossibile” che rivela l’incompatibilità di due mondi opposti della società dello spettacolo e mette a nudo la fragilità dell’artista, gigante solitario circondato da solerti lillipuziani.
«Monk, perché ha messo il suo pianoforte proprio in cucina?». «Perché era l’unica stanza abbastanza grande per contenerlo».